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  Google penalizzerà i siti pieni di falsità e bufale
Dal Web
Il motore di ricerca di Google a breve sarà in grado di penalizzare le bufale e gli articoli pieni di falsità, secondo quanto riporta New Scientist. Oggi gli algoritmi di Google si "limitano" a valutare il numero di link che puntano a una determinata pagina Web trasformando questo successo nel posizionamento della pagina dei risultati.

 L'effetto collaterale è che moltissimi siti che fanno traffico grazie alle bufale o notizie a tinte forti hanno una maggiore visibilità rispetto ad alcuni più autorevoli.

Ovviamente il motore di Google si affida a dinamiche che mettono in gioco più variabili ma la sostanza non cambia. Il problema è sentito a Mountain View: da tempo un gruppo di ricerca sta cercando di realizzare un modello capace di misurare l'affidabilità di una pagina, piuttosto che la sola reputazione.

In futuro la presenza di falsità avrà un peso maggiore rispetto al numero di collegamenti presenti su altri siti. "Una fonte che ha poche falsità è da considerare attendibile", sostiene il team nel documento pubblicato sul sito della Cornell University. "I fatti sono estratti automaticamente da ogni fonte da metodi di prelievo informativo usati normalmente per la costruzione di basi di conoscenza".

In pratica propongono un modo per distinguere gli errori voluti da quelli casuali affidandosi a un metodo probabilistico a più passaggi. Il nuovo indice si chiama Knowledge-Based Trust (KBT). Il test sul campo ha confermato la fattibilità: su 2,8 miliardi di "facts" sono riusciti a stabilire l'attendibilità di 119 milioni di pagine web. Il metodo funziona.

Però bisogna anche sottolineare un dettaglio non da poco: si parla pur sempre di un'attendibilità stabilita per numeri. Se la "conoscenza comune" considera un fatto attendibile, tale viene considerato. Le posizioni contradditorie rischiano di essere penalizzate; ciò che è minoritario scomparire dal radar del grande pubblico.

LazyTruth, un'estensione per browser, sembra riuscire a individuare le mail false o le bufale sfruttando un sistema simile. Il suo sviluppatore Matt Stempeck vuole però spingersi oltre abbinando il fact-checking di piattaforme come Snopes, PolitiFact e FactCheck.org.

In alternativa esiste anche Emergent, un progetto di Tow Center for Digital Journalism at Columbia University, che verifica le voci fasulle da siti spazzatura e le confuta re-indirizzando su altre fonti.

Tutto questo però potrebbe non bastare perché spesso le persone vogliono avere solo conferme che possano consolidare le loro opinioni. Niente di male, almeno domani questo avverrà su fatti certi invece che inventati. Sempre che sia chiaro a tutti che una notizia è un fatto, tra i milioni che accadono ogni giorno, degno di interesse per uno specifico pubblico. Ma questa è un'altra storia.

Aggiornamento. "Abbiamo pubblicato una ricerca, una delle centinaia di ricerche che pubblichiamo ogni anno, e di cui pochissime vengono poi incorporate nei nostri prodotti. Questa non è incorporata nella search né abbiamo al momento piani di incorporarla", ci fa sapere Google con una nota ufficiale.

Fonte: Toms Hardware
Postato da: Sertek il Domenica, 08 marzo 15 ore 09,03

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